Kunitaka Hara
Mr. Naked

Ha un soprannome eloquente: Mister Naked. In Giappone lo conoscono così e le motivazioni di un soprannome sono sempre semplici: ha progettato le naked Honda più importanti della storia recente.
Si è ritirato da poco, insieme a due preziosi colleghi: Toshiaki Kishi (designer) e Tetsuya Kudo (collaudatore) e Honda ha celebrato il 30° anniversario della CB1300 insieme ai suoi tre principali protagonisti. Sì, perché la CB1300 è uno dei capolavori di Hara, insieme alle vendutissime CB400F, Hornet 600 e altre naked di successo come la X4 1300.




È la fine degli anni ‘80. il Giappone è avanti anche nei trend commerciali a due ruote. Il successo delle repliche carenate e corsaiole comincia a declinare. La Honda ha grande successo nel rilanciare la CB-1, una naked 400 molto elegante disegnata da Toshiaki Kishi, e sull’onda del suo successo tutte le case giapponesi si rilanciano nella categoria delle nude. Rinascono versioni più grandi, perché nel 1988 viene abolita l’autolimitazione alla cilindrata massima di 750. Finalmente gli appassionati giapponesi potranno acquistare le giapponesi oltre 750cc direttamente dai concessionari ufficiali, senza doversi rivolgere al mercato parallelo delle moto reimportate.
Il 1990 è l’anno della svolta e il capoprogetto Hara lo ricorda bene: “La gamma Honda per il mercato interno all’epoca consisteva di modelli V4 e CBR. Non c’era una grossa naked che potesse risaltare il nome CB. Anche in azienda, quando sentivo i giovani parlare di moto, ascoltavo commenti soprattutto sui grossi modelli reimportati delle altre case giapponesi. Situazione che mi faceva arrabbiare. Avevo fatto esperienza lavorando su modelli a 4 e 6 cilindri in linea come CB750 Four, CBX1000 e CB1100R, moto che mi avevano fatto sentire orgoglioso di Honda, del Giappone, e il progetto Big-1 è partito da queste sensazioni”.
Kishi intanto sta immaginando la prima generazione – la CB1000 SuperFour del 1992 – riprende il suo impegno con questo progetto. La Big-1 inizia dalla sua matita. Bozzetti che interpretano la nuova naked per un mercato internazionale. Il primo sketch è lo schizzo approssimativo di un serbatoio CB1100R montato su un corpo CB-1, sebbene quest’ultima sia una 400, progettata per esaltare la maneggevolezza.
Koji Nakano è il responsabile del reparto stile, vede la CB-1 e si entusiasma:
"’Oh, che bella!’, parliamo e condivido l'idea di una naked a quattro cilindri in linea, di grandi dimensioni come… quella che avevo in mente. Così mi fu data l'opportunità di sviluppare uno schizzo informale basato sul motore della CBR1000F, nelle pause del normale lavoro"
Toshiaki Kishi





Un giorno Nakano incontra un cliente. Lo ascolta: “Quando penso alle grandi naked mi piacciono, sono coraggiose, hanno un bel sound, e la Honda ha fatto sì molti modelli… ma credo sia ancora un’azienda principalmente di modelli 250 e 400”. Nakano rimane scioccato. Si convince sia il momento di fare qualcosa. Da lì insieme a Kishi comincia a confrontarsi per realizzare la nuova naked. È fra quelli che sente forte il bisogno di seguire le tendenze del momento.
“Abbiamo iniziato a lavorare su un modello di clay (creta per modellare, nda) lasciando il modello in un punto ben visibile del reparto di design. Nonostante non fosse un progetto ufficiale, volevamo che tutti i responsabili potessero vederlo facilmente. Come previsto, i sostenitori del progetto aumentarono”.
Kishi trovava attraente il disegno quasi verticale del blocco cilindri CBR1000 nascosto dalla carenatura. Con qualche modifica intuiva che quel motore potesse adattarsi bene a una naked. Le ruote sono da 18” e l’interasse supera il metro e mezzo (1520mm: impensabile per l’epoca), scelte per equilibrare le proporzioni con una dimensione superiore al consueto.
Quando il modello viene proposto internamente… “Avevamo grandi aspettative. Era un progetto nato dal basso, spontaneamente, ma la proposta fu respinta dagli uomini delle vendite. ‘Un modello a due ammortizzatori – dissero - nessuna tecnologia particolare. Non poteva esser venduto in Europa e negli States’.
Ero molto deluso. I membri del consiglio d’amministrazione dissero poi di non lasciare il modello di creta così in vista. Ormai era stato ‘usato’. Ma noi del design eravamo ancora convinti. Dovevamo trovare il modo di farlo andare in produzione. Così l’abbiamo nascosto in una piccola stanza e abbiamo continuato a lavorarci”.
“Tra l’altro i primi bozzetti della Big-1 – dice Hara - portarono alla nascita della CB400 SuperFour. Ed è proprio grazie alla CB400SF che la CB1000SF riuscì a esser messa in vendita. Quando vidi il modello di creta mi dissi: ‘È enorme. È potente!’. Ero uno di quelli d’accordo a farla, certo che fosse il momento giusto perché mancava una proposta così. Se c’erano obiezioni all’interno dell’azienda, decidemmo di chiederlo direttamente ai clienti. Per promuovere la nuova CB400SF, esponemmo il prototipo della Big-1 e la divorarono tutti con gli occhi. Vidi la stessa reazione di quando nel 1968 presentammo la Honda CB750Four. È stato molto commovente sentire tanto entusiasmo, vedere noi e i nostri clienti identificarsi. Le dimensioni imponenti furono subito apprezzate e accettate. In quel periodo ero tutti i giorni nel reparto progettazione e parlavo con tutti di che tipo di moto che avrebbe dovuto essere. Dicevo cose come: ‘E’ bello guidare una moto così grossa’. Oppure: ‘Il serbatoio dev’essere spesso, grande’.
Ripetevo tutto quel che volevo, ero completamente preso dal progetto. Volevo fosse una moto sportiva ‘grassa’. La CB750Four prima versione K0 era stata la mia prima esperienza con la sigla CB. Era una moto con una presenza che diceva: ‘Se puoi guidarmi, guidami!’.
Ero in soggezione e allo stesso tempo cercavo di dominarla. Per questo motivo ho voluto mantenere le ruote da 18” come nei vecchi modelli di grandi dimensioni. C’era molta opposizione a ruote di quel diametro – si volevano da 16 o 17 – tuttavia ho portato avanti tutte quelle scelte inconsuete, perché sostenevo che ‘Honda è un’azienda che accetta le sfide senza paura di fallire’.
Kudo fino a quel momento è incaricato di provare prototipi definiti, principalmente CBR carenate e V4. Più tardi lavorerà anche sulle evoluzioni, le versione 1300 e ricorda bene l’impatto col prototipo con la CB1000SF: “Non c’erano grosse naked, delle CB di grossa cilindrata per fare dei paragoni. Io stesso cercai una vecchia CB750 e trovai una Four K2, che mi piacque. Ma quando vidi la CB1000SF… pensai: ‘Cosa ci farai con una moto così grande?’ Era molto potente e capii subito cosa intendesse Hara per una guida ‘grassa’.”
Inizialmente poteva chiamarsi Diablo, ma si decise giustamente di battezzarla BIG-1 perché era big in tutti i sensi. La CB1300 sarà ancora più grossa.



